L'attuale Basilica della SS. Annunziata
La Basilica della SS. Annunziata
La Basilica della SS. Annunziata è il primo edificio religioso che viene ricostruito dopo il terribile terremoto del 1693 che distrusse la vecchia città e la chiesa attigua al palazzo marchionale: iniziata nel 1703, dieci anni dopo il terremoto, la Basilica venne consacrata il 23 marzo 1720. Poche cose si salvarono dalla vecchia sede religiosa, tra cui la bellissima pala dell’altare maggiore (oggi conservata in sagrestia) che raffigura l’Annunciazione alla Vergine Maria.
La maestosa facciata attuale è stata realizzata dallo scalpellino Carlo Di Gregorio in stile tardo-barocco, presenta tre ordini raccordati da volute: il primo ordine presenta 8 colonne in stile ionico con un elegante portone centrale e i due laterali. Il secondo ordine è in stile corinzio, mentre il terzo ordine presenta una finestra decorata con grandi rose scolpite: inizialmente lasciata aperta, per ottenere l’effetto di trasparenza del cielo azzurro, in seguito si preferì collocare, all’interno della finestra, una statua dell’Annunciazione, opera di Giuseppe Nobile mentre il loggiato (realizzato nel 1802) che veniva utilizzato per la fiera di Pasqua, oggi è sede dell’Arciconfraternita.
La facciata esterna della SS. Annunziata è stata scelta spesso come set cinematografico: tra i tanti film ricordiamo Divorzio all’Italiana nel 1961, e il Commissario Montalbano con gli episodi “Le ali della sfinge” e “La pista di sabbia” nel 2008.
L’interno della Chiesa, settecentesca, è a croce latina realizzato da Rosario Gagliardi con tre navate: ciò che salta subito agli occhi del visitatore sono il bianco e l’azzurro degli stucchi, opera del palermitano Giuseppe Gianforma, lo stuccatore più importante nel ‘700 siciliano: gli stucchi e narrano principalmente storie dell’Antico Testamento (come, ad esempio, Abramo con i 3 angeli e Giuditta e Oloferne e Isaia) con i due cornicioni laterali dell’altare maggiore che raffigurano la natività di Cristo con l’adorazione dei pastori e dei re magi. Al centro dell’altare maggiore domina una bellissima tela ad olio dell’Annunciazione, settecentesca. Lungo il soffitto delle navate laterali, invece, si articolano dei cupolini, così come la cupola centrale, con una fitta trama di decorazioni geometriche: i colori predominati sono il bianco dello stucco, il blu, il turchese e il verde acquamarina.
All’incrocio con il transetto si innalza una elegante cupola, sullo stile della cupola di San Pietro a Roma, e nei pennacchi troviamo i 4 evangelisti con i loro simboli mentre nel transetto a sinistra troviamo Davide con in mano la testa di Golia e a destra Abramo che sacrifica il figlio Isacco, in corrispondenza rispettivamente delle cappelle dedicate al Cristo risorto e al SS. Cristo che porta la croce.
Grandissima devozione, in questa Basilica, vi è per i riti della Settimana Santa ed in particolare per il Venerdì Santo e la Domenica di Pasqua, anteriori al terremoto del 1693. Nella cappella di destra troviamo, infatti, l’immagine del SS. Cristo che porta la croce sulle spalle, opera di Francesco Guarino da Noto, realizzata nel 1729 in sostituzione di quella distrutta dal terremoto e raffigura Gesù nell’atto di salire verso il calvario, portato avanti con violenza da un uomo nero e da uno bianco.
Bellissimo Il volto del Cristo molto espressivo; scarno, stravolto dalla fatica, grondante di sangue e coronato di spine, con gli occhi pietosi e la bocca socchiusa per l’affanno.
Caratteristica l’inizio della processione (“a sciuta” in siciliano) del Venerdì Santo è la Cavalleria Romana: devoti vestiti a soldato romano a cavallo simulano la “scorta” di Gesù che lo portava al Calvario.
Nella cappella sinistra troviamo la cappella con il simulacro cinquecentesco del SS. Cristo risorto con due soldati spaventati alla vista della risurrezione: è una delle poche testimonianze della devozione degli abitanti di Spaccaforno che è ancora rimasta tra di noi dopo il terremoto del 1693 ma non viene portata in processione… La Domenica di Pasqua odierna infatti, durante i riti della Settimana Santa, viene portata una statua del Cristo Risorto donata da una famiglia in memoria del figlio scomparso in un incidente stradale e che si trova nel lato sinistro della navata centrale: caratteristica di questa giornata è, in dialetto, “A Cursa” (la Corsa) tra il SS. Cristo con la Madre addolorata la quale, alla vista del Figlio risorto, perde il velo nero e i portatori, festanti, alzano i simulacri in segno di gioia.
All’interno della Basilica, infine, viene conservata una urna reliquiaria e che conserva al suo interno, tra le varie reliquie di santi, una spina della corona di spine che fu di Gesù Cristo: anticamente portata in processione il Venerdì Santo fino al 1861, quando venne portato in processione il Cristo con la Croce del Guarino e adesso posta al centro del simulacro del SS. Cristo che porta la croce in occasione della Settimana Santa.
La storia della Basilica Attuale
Dopo il terremoto che distrusse l’antico tempio, fu provvisoriamente costruita una baracca di legno per l’Annunziata, che dopo l’elezione della nuova chiesa, fu trasformata nella chiesa di San Francesco di Paola, Benedetta nel 1730; esisteva ancora nel 1791 ma poi andò distrutta.
La pietra di fondazione della nuova chiesa, come dice descrizione del cippo originario, fu posta il 21 ottobre 1703, 10 anni dopo il terremoto. L’11/4/1704 si incominciò poi l’elevazione della fabbrica, da certi mastri siracusani.
La consacrazione fu fatta il 23/3/1720. L’iniziativa e il primo contributo al progetto fu del principe Francesco V Statella (1654-1710), protettore della chiesa, al quale si deve in gran parte la ricostruzione del paese e delle altre chiese. Secondo una tradizione orale, la nobile famiglia Monica-Boj, per grazia ricevuta fece costruire a proprie spese le mura esterne della chiesa fino all’altezza di 3 m. Da due atti del 1713, risulta inoltre che il barone Bufardeci donò all’Arciconfraternita un quadro dell’Annunziata forse perduto e tutto il suo grande patrimonio. Generosissime furono anche le offerte dei contratti e dei fedeli, come testimonia il Vicario del tempo sacerdote F. Franzó: “Per il terremoto del 6 gennaio 1727, si viva ricordo arcata maggiore che venne informata, perché fosse demolita e quindi rifatta, evitando il crollo del restante della nuova fabbrica. Nel 1779 su invito della confraternita, il notinese Paolo Labìsi, Reggio architetto, dottissimo nella sua arte e autore delle chiese casa dei Crociferi e del palazzo Landolina a Noto, presenta i disegni conservati in archivio, delle decorazioni in normalissimo stile rococò: riforma dello stucco nei pilastri e pareti della navata centrale; nuovi stucchi nel cappellone e nelle cappelle delle navate laterali; cancellata in ferro battuto nell’altare maggiore, nuovi stalli in legno lavorato, con sedia del celebrante e disco del coro; tutta la sacrestia, con porta di ingresso, portico interiore, stucchi alle pareti, il magnifico lavatoio in legno. Purtroppo, verosimilmente per degli alti costi, non fu realizzato nulla. Alle ore 11:15 del 23/3/1869, martedì santo, cade il prospetto della chiesa, non a causa di un terremoto, ma per fatti scienza o per imprudenti lavori di restauro. Lo stesso anno il fabbro Orazio Amore presentò il progetto di una nuova facciata, e un altro venne in seguito fatto nel 1874, dall’ingegnere avolese Salvatore Rizza, il quale vent’anni dopo, con poche varianti, lo realizzò nella nuova facciata della chiesa di San Giovanni a Modica alta. Ma la costruzione fu affidata al capomastro scalpellino Carlo di Gregorio (Modica 1836 – Ispica 1899). I lavori durarono circa otto anni e fu anche costruito il campanile, a ponente, dietro la chiesa. Nel 1881 il falegname E. Avola costruiva il grande portone in noce massiccia e nel 1886 Gaspare Rimbaud faceva le cupolette laterali, secondo la tecnica allora in uso, con gesso e scaglie di calcare. Nel 1889 fu fatto l’organo a canne e nel 1894 i fratelli Limando mettevano in opera il pavimento in marmo. Nel 1952 è stato rifatto l’altare maggiore su progetto, modificato, dell’architetto A. Cerruto.