La Basilica SS. Annunziata al Parco Forza
Le origini della Chiesa - Basilica SS. Annunziata e sua Arciconfraternita
"La Chiesa della Annunciata, e sua Confraternita,
riconosce l’origine dalla Beneficenza dei Padroni di Spaccaforno".
La sua origine si fa risalire quando Antonio Caruso, nobile netino che acquistò il feudo di Spaccaforno (poi divenuto Ispica nel 1935), con atto del 4 gennaio 1453 del notaio Andrea de Afelazio di Napoli, dal conte di Modica don Bernardo Giovanni Cabrera, il quale fu autorizzato alla vendita dal re Alfonso (lettera patente data nel Castello della Torre l’8 novembre 1452) per poter pagare alla Regia Corte un debito di trentamila ducati. Antonio Caruso comprò, per sé e i suoi eredi e successori, in perpetuo, “il Casale abitato chiamato volgarmente Spaccaforno con suo fortilizio” nel territorio del Val di Noto.
Successivamente, il Caruso comprò dai fratelli Di Settimo, creditori del conte Cabrera, il diritto di riscatto per ducati 6.346 e tarì 2, in parte versati subito in contanti e in parte versati dopo a Palermo presso il banco del padre dei Di Settimo: re Alfonso approvò definitivamente il passaggio del feudo di Spaccaforno ad Antonio Caruso, Milite nel Regno di Sicilia, Maestro razionale, Presidente della Real Camera Sommaria.
Antonio Caruso si insedia subito nel nuovo feudo, perché in una prospettiva imprenditoriale e commerciale vuole mettere a frutto il suo investimento: si reca pertanto a Spaccaforno e nomina un Governatore nella persona di Nicola de Syracusis, che diventa suo socio in alcune attività come la coltura della cannamele e del relativo trappeto. È quindi con i Caruso che il feudo diventa non solo autonomo dalla Contea di Modica, ma assume un certo peso economico prima, militare e politico poi (a fine Cinquecento sarà, con gli Statella, elevato a Marchesato).
Antonio Caruso fece costruire subito, fin dal 1453, la nuova Chiesa della SS. Annunziata che era gestita dall’omonima Arciconfraternita sotto l’alta protezione dei Signori di Spaccaforno, come tutti i documenti successivi, più o meno direttamente, confermano. Dal saggio di Giovanni Morana “Lo zucchero, il frumento e il sale a Spaccaforno” in un verbale quattrocentesco, si ha la prova storica di ciò: nell’Archivio Statella (presso l’Archivio di Stato di Ragusa), il dottor Morana ha rinvenuto un manoscritto (24 carte non numerate) che apparteneva a un volume nel quale era raccolto il verbale dell’escussione e dell’interrogatorio di testi in una causa patrimoniale. Privo di date riferite ad anni, i riferimenti indizionali, l’oggetto della controversia e i personaggi convenuti – che sono i nipoti minorenni di Antonio Caruso acquirente del feudo – consentono con una certa sicurezza di stabilirne nell’anno indizionale 1474-75 la data, quindi pochi anni dopo l’acquisto del feudo (1453).
Quasi tutti i testimoni, tra le altre cose, citano l’inizio della costruzione della nuova chiesa: Giovanni de Urifice dice che a 22 anni prima risale la nomina del Syracusis a governatore, l’inizio della costruzione del trappeto, così come la costruzione di case e di una chiesa sub vocabulo Sante Marie di La Nunciata.
Lo conferma pure il teste Michele Xalichi, che erano stati costruiti dal Caruso edifici, molte case e la chiesa Santa Maria della Nunciata (nel manoscritto ricorre spesso questa citazione sulla chiesa: ecclesiam Sante Marie de Nunciata; construit fecit domos et quandam ecclesiam sub vocabulo Sante Marie de Nunciata; quandam ecclesiam sub vocabulo Sante Marie di Nunciata; quaedam ecclesia sub vocabulo Sante Marie de Nunciata; ecc.). La famiglia Caruso era molto legata alla nuova chiesa: nel testamento di Nicolò Caruso, figlio di Antonio, tra le ultime disposizioni il barone di Spaccaforno manifesta la sua volontà di essere sepolto (morì nel 1474) assieme alla prima moglie Isabella Asmundo nella chiesa della SS. Annunziata, il cui pavimento era adibito a sepolture come si ricava dai Registri dell’Archivio della Chiesa Madre.
Da un manoscritto inedito del vicario foraneo don Francesco Franzò, si sa che “la Chiesa della SS. Annunziata era fra le migliori di quelle esistenti nel paese, non cedendo né alla Madrice, né a quelle di Val di Noto”. Era a croce latina, aveva sette altari: l’altare maggiore dedicato alla SS. Annunziata; gli altari del SS. Cristo con la Croce sulle spalle e quello del Cristo Resuscitato; l’altare delle Sante Reliquie e quello della Madonna dell’Itria (“immagine bellissima e antichissima, di somma devozione e riverenza). Nello sgabello si leggevano queste parole: Fatta con elemosina delli Confrati – MCCCCLX. Ciò significa che già nel 1470 l’Arciconfraternita esisteva e con proprie donazioni ed opere curava ed abbelliva la chiesa, considerata tra le migliori dell’intero Val di Noto.
Lo conferma un documento dell’archivio confraternale del 27 settembre 1663: “Voto a favore della Santa Chiesa di Santa Maria dell’Arcangelo Annunciata”, scritto da don Placido Carrafa, patrizio modicano, giudice del Tribunale della grande Corte degli Appelli di Modica; voto dedicato dai suoi economi all’Illustrissimo don Antonio Statella e Caruso, marchese di Spaccaforno, protettore della Santa Chiesa dell’Annunciazione della Vergine Maria. Così recita il testo: “Tra le restanti chiese, oggetto di grandissima venerazione, che il popolo vanta a Spaccaforno, tra le altre ammira quella che esso venera sotto il santissimo ministero dell’Annunciazione ed è noto che essa, che nello stesso luogo è più venerabile di tutte, fu consacrata per prima nei secoli più antichi dagli antichi sacerdoti grazie alla laboriosità e diligenza dell’antica gente, a differenza delle altre, rispetto alle quali non senza ragione è di gran lunga più antica e più importante. Da segni evidentissimi deduciamo l’antichità delle sue origini come dimostra ai posteri la successione degli eventi sin dal primo modo di vivere, attraverso cui si intuisce che le chiese nella costruzione della città venivano erette più convenientemente presso il fortilizio. Al quale principio si conformò il medesimo popolo nell’erigere questo tempio in patria in onore di Maria Annunziata, come ci suggerisce il sito della bellissima opera, più degno e più elevato, presso il Castello, dove a chi lo percorre è possibile vedere che ci fu e c’è la sede e l’abitazione degli illustri Marchesi. Per difendere i diritti di questa santissima chiesa così stanno le cose allo stato presente, come ho potuto appurare”.