Archivio Parrocchiale

L'Archivio Storico Parrocchiale

L’archivio parrocchiale è l’istituto che conserva la documentazione prodotta nell’ambito delle attività proprie della parrocchia e delle sue funzioni di culto, pastorali e amministrative.
La documentazione conservata negli archivi parrocchiali è una fonte pressocchè unica. È infatti testimonianza dell’attività di una chiesa amministrata dai parroci nel tempo, ma anche delle vicende di un territorio con la sua popolazione: per questo motivo l’archivio parrocchiale può essere ben definito come “archivio dei luoghi e degli uomini che in quei luoghi hanno vissuto”, perché vi è riflessa, oltre alla vita religiosa, anche la realtà culturale, socio-economica, civile e politica.
Gli archivi delle parrocchie possono essere molto antichi. Alcuni conservano documenti a partire dal tardo medioevo, ma è solo a partire dal secolo XVI che i parroci sono stati obbligati a tenere un archivio parrocchiale.
In genere sono conservati presso la chiesa parrocchiale, ma non mancano casi in cui, per i più vari motivi, il complesso archivistico è stato trasferito altrove, presso un’altra parrocchia o nell’Archivio diocesano.
Gli archivi parrocchiali presentano tratti comuni tra di loro, dovuti all’osservanza di una comune normativa canonica, ma posseggono anche proprie specificità legate alla storia locale e alle caratteristiche distintive di ciascun territorio. Il Codice di diritto canonico (can. 535 § 4) prescrive infatti che nell’archivio parrocchiale siano «custoditi i libri parrocchiali, insieme con le lettere dei Vescovi e gli altri documenti che si devono conservare per la loro necessità o utilità».
Nel 1999 la Conferenza Episcopale Italiana, con articolate disposizioni per la tutela della riservatezza, ha rivendicato il diritto proprio della Chiesa cattolica di acquisire, conservare e utilizzare per suoi fini istituzionali i dati relativi alle persone dei fedeli, agli enti ecclesiastici e alle aggregazioni ecclesiali, e ha ribadito il diritto del fedele alla buona fama e alla riservatezza. Perciò, gli archivi parrocchiali non sono di norma aperti alla consultazione degli studiosi, ma solo riservati alle funzioni proprie delle parrocchie, esercitate dai parroci.

DOCUMENTAZIONE

Negli archivi parrocchiali si custodiscono in primo luogo i libri parrocchiali, cioè dei battezzati, dei matrimoni, dei defunti ed eventualmente altri libri secondo le disposizioni date dalla conferenza dei Vescovi o dal Vescovo diocesano (Codice di diritto canonico, can. 535 § 1).

La Conferenza Episcopale Italiana ha ampliato la lista dei libri parrocchiali obbligatori e ne ha consigliato la tenuta di altri, che oggi arricchiscono gli archivi parrocchiali. Sono libri obbligatori: quelli dei catecumeni, dei battezzati, il registro delle cresime, il libro dei matrimoni, dei defunti, il registro delle Messe, dei legati, delle entrate e delle uscite, dell’amministrazione dei beni; sono libri raccomandati: il registro dello status animarum, delle prime comunioni, della cronaca parrocchiale.

A un archivio parrocchiale, tuttavia, si possono aggregare nel tempo, e per i più svariati motivi, anche fondi di altri soggetti ecclesiastici o civili, pubblici o privati. Per questa ragione l’archivio parrocchiale può anche essere definito come un insieme di fondi o un complesso documentario. 

STORIA


La nascita degli archivi parrocchiali non è databile con certezza. In alcuni le prime serie documentarie risalgono anche alla fine del Trecento, ma la pratica da parte dei parroci di conservare i documenti parrocchiali è attestata generalmente dalla metà del XV secolo.
Il Concilio di Trento ha segnato una svolta importante, introducendo nel 1563 l’obbligo dei libri cosiddetti “parrocchiali” o “canonici” (libri baptizatorum, confirmatorum, matrimoniorum, mortuorum), a cui si sono aggiunti dal 1614 gli stati delle anime (status animarum). Nel corso del XVII secolo, poi, sono state emanate disposizioni sulla loro corretta compilazione e conservazione, mentre norme sinodali e decreti episcopali sollecitavano una buona organizzazione degli archivi parrocchiali.
Un documento importante per la storia degli archivi parrocchiali è rappresentato dalla costituzione apostolica di Benedetto XIII Maxima vigilantia del 14 giugno 1727. Con essa, infatti, si ampliava la documentazione che i parroci erano tenuti a conservare negli archivi parrocchiali, estesa da allora anche a carte di natura amministrativa, come privilegi, indulti e concessioni delle supreme autorità ecclesiastiche e civili, platee di tutti i beni e delle rendite, autentiche e note di indulgenze, copie di sentenze e atti giudiziali. Il Codice di diritto canonico del 1917 confermò sostanzialmente quanto stabilito nei secoli precedenti, ponendo un’attenzione particolare sui libri canonici. Prevedeva, inoltre, la conservazione delle lettere episcopali e dei registri che si riferivano alle proprietà dei beni parrocchiali, come quelli riguardanti entrate e uscite della chiesa, compagnie, confraternite, associazioni, luoghi pii.
L’attuale Codice di diritto canonico, in vigore dal 1983, ha ribadito l’obbligo dei parroci dell’accurata redazione degli atti documentari e della diligente conservazione dei libri parrocchiali. La sua custodia grava sul parroco, che deve prendersi cura della diligente conservazione dei libri, facendo attenzione che non cadano in mani estranee. Al fine di garantire lo scrupoloso adempimento di tali doveri è sottoposto a specifici controlli, esercitati dal vescovo diocesano o da persona da lui delegata, nonché dal vicario foraneo, che ha il diritto-dovere di verificare che i libri parrocchiali siano debitamente custoditi e non vengano perduti o asportati.

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